Salute per tutti. Storia della sanità in Italia dal dopoguerra a oggi, appena uscito presso Editori Laterza, è un libro prezioso per tutti: per chi ha vissuto molti degli eventi che vi vengono narrati e per chi vede oggi il degrado dei servizi sanitari in Umbria. Un libro che aiuta a comprendere meglio la storia vissuta dal dopoguerra a oggi e il rapporto tra scelte politiche e salute. Giovedì 24 ottobre, alla sala XX secolo di San Mariano di Corciano, si è tenuto un interessante e affollato incontro promosso dalla lista «Umbria per la sanità pubblica», che ha visto la candidata alle elezioni regionali, dott.ssa Carla Cicioni, dialogare appassionatamente con la storica Chiara Giorgi, autrice del libro.
Carla Cicioni ha ricordato il fervore innovativo degli anni ’70 del secolo scorso, partendo dall’esperienza vissuta mentre studiava medicina all’Università di Perugia, dove il professore di Igiene era Alessandro Seppilli, uno dei padri della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Negli stessi anni maturava l’interesse per la salute dei lavoratori nelle fabbriche e una modifica sostanziale nell’assistenza ai malati psichiatrici, che ha visto nella città di Perugia uno dei luoghi che hanno sperimentato per primi la necessità di restituire diritti e dignità alle persone con disagio mentale.
La prof.ssa Giorgi ha quindi inquadrato, da un punto di vista storico, le trasformazioni, i conflitti e i provvedimenti che hanno riguardato la salute, a partire dall’immediato dopoguerra fino agli anni Settanta. Punto di riferimento fondamentale per l’avvio di un ampio processo riformatore in ambito sanitario è stata la definizione molto avanzata del diritto alla salute fornita dalla Costituzione, che all’articolo 32 definisce la salute “come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.” Nel corso di lunghe vicende storiche, solo il 23 dicembre 1978 venne approvata la legge 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale – strumento essenziale per rendere effettivo il diritto universale alla salute – durante il governo di solidarietà nazionale, presieduto da Giulio Andreotti, con l’appoggio esterno del Partito Comunista (ministra della Sanità, Tina Anselmi). La legge venne approvata a larghissima maggioranza, con il voto contrario del Partito Liberale e del Movimento Sociale.
Carla Cicioni ha poi ripercorso quanto è accaduto nei servizi sanitari umbri a partire proprio dal 1978, anno in cui ha cominciato a lavorare come medico del lavoro all’interno di un servizio di prevenzione: la presenza di una articolazione della Regione in dodici territori, già abbastanza consolidata; la creazione delle Unità Sanitarie Locali; e il fervore di progettazione e programmazione in cui operatori, politici e cittadini hanno cercato di costruire i servizi sanitari di ciascun territorio, integrando e modulando servizi sanitari che venivano da storie e gestioni autonome, come i comuni, le province, gli enti ospedalieri e gli enti previdenziali. Ha poi chiesto a Chiara Giorgi di illustrare la situazione nazionale fra gli anni ’80 e ’90.
La prof.ssa Giorgi chiarisce che subito dopo il varo della legge 833, più elementi ne ostacolarono l’attuazione: nuovi governi che non riflettevano più una maggioranza riformatrice, una politica improntata a interventi limitati e particolaristici, un nuovo clima di contenimento della spesa pubblica e una ridefinizione dei rapporti tra pubblico e privato a favore di quest’ultimo. La svolta si è avuta negli anni ’90 con la riforma, dovuta, non a caso, al liberale Francesco De Lorenzo (1992), che ha introdotto l’aziendalizzazione e la regionalizzazione, aprendo anche la strada alla privatizzazione (temporaneamente fermata da un decreto successivo del 1993). La possibilità venne poco dopo colta prontamente dalla Regione Lombardia, divenuta il punto di forza delle politiche neoliberali, con l’abbandono dell’universalismo e l’allargamento delle attività private. Al contrario, la regione Umbria, pur con varie difficoltà, ha mantenuto fino al 2019 un ampio predominio delle strutture pubbliche.
La prof.ssa Giorgi riferisce come, negli ultimi due decenni, vi sia stato un costante sottofinanziamento del servizio sanitario, con il parallelo aumento della spesa diretta dei cittadini per l’acquisto di servizi sanitari privati (l’out of pocket). In verità, ha chiarito, l’espansione della sanità privata avviene in più modi: le esternalizzazioni dei servizi pubblici a soggetti privati, il welfare aziendale e la crescita delle assicurazioni private e della finanza. I problemi che oggi affliggono il Servizio sanitario nazionale sono numerosi, in specie una forte riduzione della spesa sanitaria pubblica, i processi di privatizzazione favoriti dal dirottamento di risorse pubbliche verso la sanità privata accreditata e la legge sull’autonomia regionale differenziata, che aumenterà le disuguaglianze di salute.
Carla Cicioni ricorda come, subito dopo l’insediamento della giunta Tesei, sia stata esplicitata dal governo regionale la volontà di adeguarsi prontamente al modello Lombardia, e chiede alla prof.ssa Giorgi di esplicitare quali siano gli effetti della privatizzazione sulla base degli studi e dei dati di cui oggi disponiamo.
Emerge chiaramente come la conseguenza diretta della privatizzazione sia la riduzione di risorse per la prevenzione, le cure primarie e per tutte le attività socio-sanitarie che risultano non convenienti per il mercato privato, con la rinuncia di molte persone a curarsi per mancanza di risorse e una crescente selezione nell’accesso alle cure. In questo difficile contesto, la conclusione è stata che occorre in ogni modo riaffermare la centralità del diritto universale alla salute, diritto sociale e di libertà insieme.