L’allarme è stato lanciato dalla CGIA, l’Associazione degli Artigiani e delle Piccole Imprese, lo scorso aprile: in Umbria, entro il 2027, ci saranno 40.700 nuovi pensionati. Un dato importante, per alcuni aspetti anche preoccupante, che ha bisogno di misure e dispositivi in grado di arginarne gli effetti.
La previsione per i prossimi anni, realizzata sulla base dei dati del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, spiega che i pensionati lasceranno il 70,1% dei posti di cui si avrà bisogno in maniera complessiva, rispetto alla media nazionale del 71,7%. E ai 40 mila pensionati si contrappongono appena 17.400 nuove occupazioni legate alla crescita economica. Poche, troppo poche per poter permettere alla nostra regione di crescere ancora e di resistere ai colpi della crisi.
È questo il problema economico principale in Italia: un mancato ricambio generazionale nel mondo del lavoro, un accesso ad esso che avviene sempre più tardi, con stipendi, contratti e garanzie a volte ai limiti del legale. Un circolo vizioso che poi, ovviamente, va ad agire anche sulle pensioni, l’altra grande nota dolente dell’economia del nostro Paese. Una tematica importante, che però non viene affrontata con il giusto interesse dal mondo della politica. “Tanti annunci da parte del Governo, ma alla fine non hanno fatto altro che fare cassa con le pensioni – ha spiegato Roberto Panico, coordinatore regionale dell’Inca Cgil Umbria – si tratta di una presa in giro, perché la questione della previdenza non viene affrontata in modo strutturale, ma lasciata al sostegno garantito dai contributi versati dai lavoratori”.
Lavoratori che adesso hanno iniziato a guardarsi intorno e a mettere in sicurezza gli anni futuri con un altro sistema: quello della pensione integrativa. Oggi esistono diversi metodi, strumenti e soluzioni per chi decide di investire sulla propria vecchiaia: ci sono i fondi pensione aperti, quelli chiusi, oppure PIP, i Piani Individuali Pensionistici. Attraverso dei versamenti periodici si vanno ad accantonare quei fondi che risulteranno poi fondamentali quando non si lavorerà più e quando, soprattutto, l’assegno dell’INPS non riuscirà a garantire lo stesso tenore di vita al lavoratore e alla sua famiglia.
Nella manovra finanziaria si sarebbero dovute trovare misure per il sostegno alla pensione integrativa e complementare, ma non risultano ancora passi ufficiali da parte dell’esecutivo. Un ritardo, questo, che non fa che rendere ancora più grave la situazione: in Umbria il saldo tra occupati e pensionati segna un -48 mila, con Perugia a -26 mila e Terni -22mila. Un gap sempre più importante, causato da stop demografico, invecchiamento e tanto lavoro nero e irregolare. Tre grandi argomenti he devono essere affrontati con un approccio sistemico, omnicomprensivo. Per rimettere in moto il futuro e il presente dei lavoratori di tutta Italia.