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sabato 21 Dicembre 2024
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“La madre dei mostri”, a Corciano e Panicale lo spettacolo ispirato ai racconti di Guy de Maupassant

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Continua la tournée umbra de La madre dei mostri, spettacolo con la drammaturgia inedita, l’allestimento e la regia di Lorenzo Collalti, ispirato ai racconti di Guy de Maupassant, scrittore, drammaturgo, reporter di viaggio, saggista e poeta francese, nonché uno dei fondatori della narrativa moderna. Dopo Bevagna, Narni, Tuoro sul Trasimeno, Magione e Foligno, lo spettacolo aprirà martedì 29 novembre la Stagione 22/23 del Teatro Concordia di Marsciano, giovedì 1 dicembre la Stagione del Teatro Cesare Caporali di Panicale e venerdì 2 dicembre quella del Teatro Don Bosco di Gualdo Tadino. Sabato 3 dicembre andrà in scena al Teatro della Filarmonica di Corciano, e chiuderà il suo tour al Teatro Secci di Terni da lunedì 5 a mercoledì 7 dicembre.

Prodotta dal Teatro Stabile dell’Umbria e con gli attori Michelangelo Dalisi, Caterina Carpio, Luca Carbone, Gabriele Linari e Grazia Capraro, la messa in scena indaga e costruisce la realtà e la vita quotidiana tra follia e ironia, proprio come fa lo scrittore. “Osservare e destrutturare la realtà, senza limitarsi a una prima percezione sterile generando orrore, non andava di moda neanche ai tempi di Maupassant; per questo un autore come lui sembra così avulso dal suo tempo, così antico eppure così attuale. – spiega il regista Lorenzo Collalti – La sua ossessione, quasi metodica, di voler individuare gli aspetti più nascosti dei comportamenti umani è al centro della sua opera. Rompere le ipocrisie e le maschere della realtà, per Maupassant, vuol dire scatenare dolore e ironia insieme, confondere i sentimenti senza riuscire più ad afferrare il bandolo della matassa. Non si va in un’unica direzione, non c’è un’unica chiave di lettura sui fenomeni: questo è sicuramente l’aspetto più terrificante e al tempo stesso esilarante della sua letteratura. La grandezza di Maupassant sta nel veicolare questa complessa riflessione attraverso un’immediatezza spiazzante.

I suoi racconti non sono altro che degli articoli di giornale molto fantasiosi. In poche pagine descrivono un frammento famigliare, un ritratto di interni lavorativi, uno scenario di campagna, senza cercare nulla di epico. Di fatto però, essi rimangono dei pezzi giornalistici, privi di un approfondimento del contesto, dei personaggi, delle circostanze e necessitano dunque di una drammatizzazione. Nella messinscena, questo ci costringe a una riscrittura contemporanea di quegli stessi racconti che, facendosi drammaturgia, portano su di sé, con ancora maggiore chiarezza, le domande scabrose di Maupassant, al di là di ogni contesto. La scelta drammaturgica è stata quella di fare perno sul racconto de Le Horla: un uomo confessa attraverso un diario di essere posseduto da un vampiro e cerca in tutti i modi di evadere dal suo dominatore; più tenterà la fuga, più costruirà la sua autodistruzione. Nel crescendo di follia del protagonista, si snodano una serie di racconti, quasi fossero dei lapsus, che prendono vita per associazioni di pensiero. Nel mondo dell’orrore, il tempo, come se fosse un flusso di coscienza e come qualsiasi costrutto logico, perde il suo significato normativo della realtà e permette un dialogo tra l’Ottocento e i giorni nostri privo di giudizio. Maupassant vede dei mostri “invisibili” nel suo tempo e, tramite la riscrittura, “ritrova” quella mostruosità nel nostro”.

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