Una vita di 4 anni cancellata, una famiglia distrutta per la quale non c’è indennizzo che possa riportare serenità o rassegnazione. CIA-Agricoltori Italiani dell’Umbria sente il dovere di lanciare ancora un appello alle istituzioni regionali dopo il terribile scontro frontale tra due auto, verificatosi nel pomeriggio del 17 maggio, sulla provinciale che collega Capocavallo a Migiana di Corciano, in cui ha perso la vita una bambina, mentre la madre è ricoverata in gravi condizioni. Tra le possibili cause della tragedia, infatti, ci sarebbe l’attraversamento stradale di un cinghiale, secondo il racconto di uno dei due ragazzi coinvolti, a bordo dell’altro veicolo.
“Non è la prima volta, dobbiamo ricordarlo – scrive la CIA. A settembre scorso, Gabriele Pecci, 54 anni, ha perso la vita lungo la strada Tiberina, nell’area di Acquasparta (Terni) uscendo di strada con la sua Fiat Panda e finendo contro un albero, dopo che un cinghiale di circa 100 chili, gli aveva sbarrato la strada. E ancora, a gennaio 2020, si era sfiorata un’altra tragedia sulla E45 perché un branco di 6 cinghiali aveva invaso la carreggiata a pochi chilometri dall’uscita di Città di Castello: il bilancio era di tre auto coinvolte, con 5 persone ferite. Ad aprile 2020 un uomo che viaggiava lungo la Flaminia, a Sigillo, è uscito di strada, ribaltandosi con la sua auto, dopo lo scontro con un cinghiale in cui l’animale è rimasto ucciso”.
Parlano i numeri: secondo i dati diffusi dalla Provincia di Perugia in merito al progetto ‘Life Strade’ per la gestione e la riduzione delle collisioni tra veicoli, soltanto nel 2019 nel solo territorio di Perugia si sono registrati 102 incidenti stradali con animali selvatici, di cui 50 causati proprio dai cinghiali. Numeri che nel 2020 si sono ridimensionati a causa del lockdown, ma che presto torneranno a crescere.
“È inaccettabile che ancora da parte dei cacciatori si parli di un ‘non problema’ – afferma il presidente CIA Umbria Matteo Bartolini – . Si discute proprio in questi giorni del calendario venatorio e le associazioni dei cacciatori lottano affinché a gennaio non venga aperta la caccia al cinghiale, quando, al contrario, una società responsabile dovrebbe riconoscere che l’invasione di questi animali è ormai incontrollabile e non riguarda più solo le aree rurali o montane, ma anche e sempre più spesso, le aree urbane. Stiamo vivendo una grave emergenza che deve essere al più presto risolta. Per riportare i numeri dei cinghiali alla normalità, dovremmo ragionare sull’apertura della caccia a questa specie tutti i giorni dell’anno, arrivando a coinvolgere anche l’esercito, se necessario! Un danno al raccolto, seppure con un ridicolo indennizzo, si può risolvere. Una vita di 4 anni cancellata, una famiglia distrutta, no. Non c’è indennizzo che possa alleviare il dolore e la perdita. È ora di dire basta con queste logiche politiche, la Regione Umbria deve affrontare la questione una volta per tutte! È chiaro che la colpa di quanto accaduto non è da imputarsi in modo diretto alla Regione o ai cacciatori, ma è fondamentale cambiare approccio oggi, per non essere responsabili domani, per non aver agito”.