Si è aperta con le note de “Il silenzio” e si è chiusa con l’Inno nazionale la manifestazione dei bar e ristoranti umbri aderenti a Fipe Confcommercio che, in piazza IV novembre a Perugia, hanno denunciato la situazione gravissima in cui si trovano dopo le ultime restrizioni alla loro attività, ponendo letteralmente a terra tovaglie, piatti, bicchieri e posate. Lo slogan che ha unito simbolicamente 24 piazze italiane è appunto “Siamo a terra!”
Le ulteriori restrizioni contenute nell’ultimo DPCM, se non accompagnate da aiuti concreti e immediati, rischiano di essere il colpo di grazia per il settore dei pubblici esercizi, già tra i più colpiti dalla spaventosa crisi generata dalla pandemia.
Secondo le stime Fipe, a fine anno il comparto rischia di perdere 50.000 aziende con ben 300.000 posti di lavoro in bilico. A rischio, anche le 5 mila imprese umbre del settore bar e ristoranti, con quasi 13 mila dipendenti: 7.656 di questi sono donne. Per questo, gli imprenditori dei pubblici esercizi si sono dati appuntamento oggi a Perugia per far sentire la loro voce, in maniera pacifica e nel pieno rispetto delle regole, per ribadire l’enorme valore economico, sociale ed antropologico delle proprie attività e chiarire una volta per tutte che non esiste connessione alcuna tra la frequentazione dei pubblici esercizi e la diffusione dei contagi, come dimostrato da fonti scientifiche che attribuiscono piuttosto ad altri fattori le cause di contagio.
“In questo momento, il settore rischia il suo futuro”, commenta Mirko Zitti, vicepresidente di Fipe Umbria, l’organizzazione più rappresentativa del settore. “Vogliamo che il nostro messaggio arrivi chiaro e forte alle istituzioni, nazionale e locale: gli operatori del settore rispettano seriamente i protocolli sanitari imposti e hanno investito in modo significativo per garantire la sicurezza di tutti: avventori e personale. E vogliono poter lavorare.
Prendiamo atto che il governo ha ora stanziato risorse importanti per il settore. È fondamentale che queste risorse siano messe concretamente a disposizione delle imprese senza ritardi”.
I consumi delle famiglie, che in Umbria nel 2019 erano calcolati in un miliardo e 250 milioni di euro – aggiunge il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni – potrebbero avere quest’anno un crollo dal 26,5% al 32,6%, a seconda dello scenario più o meno negativo che ci si prospetterà alla fine dell’anno.
“Oggi siamo al fianco delle imprese del mondo della ristorazione e dei pubblici esercizi. Ma la nostra preoccupazione è per tutti i comparti dell’economia regionale. Gli indennizzi a fondo perduto che il premier Conte ci ha promesso nell’incontro con Confcommercio, e che arriveranno con il decreto approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri, sono un passo avanti, ma non sono ancora sufficienti. C’è il tema delle locazioni, della cancellazione delle scadenze fiscali, degli ammortizzatori sociali calibrati sulle esigenze delle imprese dei nostri settori, che hanno caratteristiche diverse da altri comparti dell’economia. Dobbiamo tornare a parlare anche di chiusure e orari delle attività imprenditoriali. Questa volta con il coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza che, specialmente in tempi di crisi come questo, possono dare un contributo decisivo per fare bene, sia a livello nazionale che locale. Ribadisco: le soluzioni si possono trovare. Vanno cercate insieme”.