La ripartenza è troppo lenta. Così, a due mesi dalla riapertura, la situazione dei pubblici esercizi è ancora molto difficile, come dimostra l’ultima indagine dell’Ufficio Studi di Fipe Confcommercio che fotografa bene anche la condizione umbra. Nonostante i fatturati siano in leggero recupero, si registrano perdite ancora del 40%, con effetti pesanti sulle prospettive e la sostenibilità economica delle aziende. Ad essere soddisfatti di aver riaperto sono poco più di 6 imprenditori su 10, circa il 61%, mentre sale la percentuale di chi ritiene che non riuscirà a tornare ai livelli di attività pre-Covid (68%), segno di un sentiment di forte preoccupazione nei confronti del futuro. Diminuisce di circa 4 punti rispetto al mese scorso la percentuale di chi valuta positivamente l’andamento dell’attività dopo la riapertura. Si passa dal 22,2% del mese scorso all’attuale 18% circa.
“In un clima di comprensibile sfiducia tra gli imprenditori – commenta il presidente di Fipe Umbria Confcommercio Romano Cardinali – è intollerabile la presenza sul nostro territorio di fenomeni di abusivismo nel settore martoriato della ristorazione. Ci siamo sempre battuti per contrastare questo fenomeno e non intendiamo recedere di un passo proprio ora, dopo lo tsunami che ha travolto il nostro settore, le nostre imprese, le nostre famiglie e quelle dei nostri dipendenti e collaboratori. Ci siamo dunque concretamente attivati, come abbiamo sempre fatto in passato in queste circostanze, con segnalazioni alle amministrazioni comunali responsabili dei controlli. E’ il caso prosegue Caardinali -, ad esempio, del Comune di Perugia, dove pseudo associazioni culturali pretendono di fare ristorazione senza averne però gli oneri e le responsabilità, al quale abbiamo chiesto un confronto in tempi brevi. Le amministrazioni comunali devono assumersi la responsabilità di infliggere, consapevolmente, ulteriori ferite a un comparto che è già allo stremo. Non possiamo accettare che le nostre segnalazioni cadano nel vuoto.
Altro fonte quello delle sagre. “La cosa migliore per tutelare la salute pubblica e le imprese della ristorazione, ovviamente, sarebbe stato uno stop totale delle sagre, almeno per questa difficile estate, come alcuni Comuni umbri hanno scelto di fare – conclude – il presidente di Fipe Umbria Confcommercio – La scelta della Regione Umbria di consentire sagre e feste paesane per una durata massima di quattro giorni consecutivi, tuttavia, è stata condivisa e viene incontro alla nostra richiesta di contenere al massimo questo fenomeno. Anche in questo caso, Confcommercio Umbria e Fipe vigileranno però sul rigoroso rispetto dei Protocolli di sicurezza”.