“I bambini di oggi sono sottoposti a troppi stimoli che la loro psiche infantile non è in grado di elaborare. Stimoli scolastici, stimoli televisivi, processi accelerati di adultismo, mille attività in cui sono impegnati, eserciti di baby-sitter a cui sono affidati, in un deserto di comunicazione dove passano solo ordini, insofferenza, poco ascolto, scarsissima attenzione a quel che nella loro interiorità vanno elaborando. Quando gli stimoli sono eccessivi rispetto alla capacità di elaborarli, al bambino restano solo due possibilità: andare in angoscia o appiattire la propria psiche in modo che gli stimoli non abbiano più alcuna risonanza. In questo secondo caso siamo alla psicopatia, all’apatia della psiche che più non elabora e più non evolve, perché più non sente”.
Ecco alcune interessanti considerazioni del filosofo Umberto Galimberti sul tema “bambini iperstimolati”.
È opinione comune che i bambini piccoli debbano essere stimolati affinché lo sviluppo e l’apprendimento procedano da subito in modo sano. È una convinzione che rientra fra quei clichés evolutivi indiscussi che quasi nessuno osa mettere in dubbio.
Ma, secondo gli esperti, se l’ambiente in cui vivono i bambini è adeguato, se sono protetti da stimoli eccessivi e inappropriati e se hanno sufficienti occasioni di gioco libero e immaginativo, non c’è affatto bisogno che gli adulti si facciano carico della responsabilità di offrire la giusta quantità di “stimoli”.
Gli studi scientifici che si sono occupati di multitasking e di elaborazione degli stimoli sembrano evidenziare la perdita di efficienza e benessere che segue al sovraccarico cognitivo. Per dirla in parole semplici, parrebbe che sia meglio “andare piano e lontano, ma soprattutto fare una cosa per volta”.
Purtroppo non sono i bambini le uniche vittime dei mille stimoli del nostro mondo: anche noi adulti dobbiamo farci i conti. Forse, una buona soluzione potrebbe essere quella di riscoprire la lentezza. L’esempio deve partire da noi.