C’erano una volta le ‘Regioni Rosse’, per 60 anni feudi della sinistra e territori inviolabili per tutti gli altri. Città e campagne che, nonostante qualche cedimento negli anni – l’elezione nel 1999 di Giorgio Guazzaloga a sindaco di Bologna fu il primo, vero, ‘tradimento’ – dal 1948 hanno sempre risposto presente alla chiamata della sinistra. Fino al 4 marzo. L’analisi dell’Istituto Cattaneo sui flussi elettorali in Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria è impietosa e, allo stesso tempo, indicativa dell’involuzione di una tradizione politica: “nelle 4 regioni un tempo colorate politicamente di rosso dal 1948 ad oggi, l’area dei partiti di centrosinistra ha perso quasi trenta punti percentuali, passando dal 59,2% dei voti del 1968 all’attuale 30,1%”.
In realtà, già nelle elezioni del 2013 che hanno visto per la prima volta i Cinquestelle in campo, più di un segnale si era registrato e l’ ‘egemonia culturale’ della sinistra aveva mostrato le prime crepe. Ma è con il voto di domenica, dicono gli esperti, che si assiste “per la prima volta a due fenomeni che segnano la definitiva scomparsa di tale monopolio”. Il primo è la caduta del Pd: con 1.617.748 voti tra Marche, Emilia Romagna, Toscana e Umbria, perde il posto di primo partito a favore del M5s, che ha preso 1.682.365 voti. Tracollo da cui dipende direttamente il secondo fenomeno: il sorpasso, anche in questo caso per la prima volta, del centrodestra – sia in termini assoluti che percentuali – sul centrosinistra. Unica, magra consolazione, il risultato della Toscana, unica delle 4 regioni a non voltare del tutto le spalle: il Pd è ancora il primo partito, ma rispetto al 2013 perde oltre duecentomila voti.
Il crollo nei feudi storici, dice ancora l’Istituto Cattaneo, è “legato indissolubilmente” alla progressiva perdita di voti del Pd. Che fine hanno fatto? La maggior parte se li è presi il M5s, il resto se lo sono diviso i fratelli-nemici di Liberi e Uguali e, in alcune città come Bologna, Ferrara, Parma e Perugia, la Lega. L’altro elemento che ha pesato è stata l’astensione: “in media, più di un elettore del Pd su 10 non si è recato alle urne nel 2018”. La sfida fratricida con LeU, inoltre, “ha finito per disorientare e alla fine demotivare una quota consistente dell’elettorato” e non ha prodotto vantaggi per nessuno dei due contendenti: “la scissione all’interno del Pd non ha comportato un’espansione dell’elettorato del centro sinistra ma una sua ulteriore riduzione”. La conclusione dell’Istituto Cattaneo non può essere che una: “il predominio elettorale dei partiti di sinistra e centrosinistra si è concluso”. Una fine che si porta dietro oltre al danno anche una beffa: le regioni rosse, una volta blindate, sono oggi “l’area geopolitica caratterizzata da maggior competizione”, dove “il mercato elettorale è più incerto” e “aperto a nuove proposte politiche”. Da feudi a terre di conquista.
Matteo Guidelli (ANSA)