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giovedì 21 Novembre 2024
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Cena al buio: un’esperienza da provare (e da rifare)

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Il buio fa paura. Ma solo a chi conosce la luce e non è costretto a viverci tutto il giorno, tutta la vita. Le persone cieche al buio fanno tutto, i “vedenti” quasi nulla. E allora perché non provare, almeno una volta, a sentire cosa si prova? Per esempio a mangiare al buio. Un intero pasto – dall’atto del sedersi a tavola fino al dessert – a luci spente, senza i led dei cellulari e senza nemmeno le lancette fluorescenti degli orologi.
È quanto hanno organizzato lo scorso fine settimana i volontari dell’OVUS Pubblica Assistenza in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Perugia e con l’ospitalità della Filarmonica di Solomeo.

“Immersi nel buio più totale – recitava l’invito degli organizzatori – sarete accompagnati da un cameriere non vedente a godere delle pietanze tramite l’olfatto e il gusto, senza l’ausilio della vista. Un’esperienza nuova e diversa per entrare, con garbo, nel mondo di chi è cieco e cercare di uscirne più ricchi, comprensivi e attenti”.
Chi scrive ha partecipato con un gruppo di amici a uno di questi eventi e in effetti si può confermare come un’esperienza molto positiva, in cui sottraendoci banalmente alla luce guadagniamo qualcosa di inaspettato.

Non è, comunque, tanto facile quanto si potrebbe immaginare. Le reazioni sono le più disparate: dalla totale euforia al panico con il desiderio di voler andarsene via immediatamente. Per fortuna ci pensano gli organizzatori di Ovus e Unione Ciechi a mettere tutti a proprio agio. Fra le cose più buffe c’è l’utilizzo del tono della voce: le persone che vedono sono abituate ad alzarlo considerevolmente quando si trovano nel buio pesto. Tra un boccone e l’altro è facile quindi che volino degli “shhhhhhh” per richiamare tutti ad un volume più moderato.

Al buio si allentano anche i lacci del pudore. La conversazione diventa più spigliata vuoi per la situazione inedita, vuoi per l’assenza degli sguardi e del linguaggio non verbale.
Gli animi si avvicinano e gli spazi si dilatano; la percezione delle distanze si altera, tanto che quando l’esperienza finisce – e sulla tavola si accendono le candele per il ritorno alla luce – si resta sorpresi di come l’ambiente è fatto: diverso ai nostri occhi rispetto alla mappa che ci eravamo fatti nella mente.

Lorenzo G. Lotito

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