Mancano tre giorni alla data del 4 marzo, appuntamento delle elezioni politiche. Le nostre interviste proseguono dando la parola a Marco Sciamanna, candidato al Senato della Repubblica con il Popolo della Famiglia nel collegio Umbria 1.
Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a candidarsi?
Fra le persone che frequentano il PdF la seguente frase attribuita al Beato Paolo IV è molto citata: “La politica è una delle forme più alte della carità umana”. Insieme a molti altri del nostro movimento ho compreso almeno due aspetti in questo ambito: la politica non può essere trascurata se ci sta a cuore il bene comune e non si può fare politica attiva in solitudine.
Perché votare lei, perché il suo partito?
Non chiedo voti intorno alla mia persona, ma il progetto politico che il nostro movimento esprime intorno ai suoi 65 punti del programma (http://ilpopolodellafamiglia.it/programma/) è una sintesi eccezionale per riportare la famiglia al centro delle politiche sociali ed economiche del nostro paese. Siamo infatti convinti che solo privilegiando le famiglie l’Italia potrà invertire il declino della denatalità ed uscire da una crisi economica, oltre che etica.
Se dovesse essere eletto quale sarà la sua prima iniziativa?
Pur con una scarsa visibilità mediatica in questa campagna elettorale, molti già sanno che il Popolo della Famiglia è il partito del “Reddito di Maternità” (1000 €/mese per ogni donna, italiana, che sceglie in maniera volontaria ed esclusiva di dedicarsi alla famiglia per accudire un figlio). Questa manovra avrebbe un impatto minimale sui conti pubblici (non più di 4 miliardi di euro a regime e solo poche centinaia di milioni nella fase iniziale, purtroppo anche a causa dell’attuale basso indice di natalità) e sarebbe senza dubbio meno impattante rispetto ad altre proposte come il reddito di cittadinanza (costo stimato circa 15-20 mld).
Quanto è importante mantenere un contatto con il proprio territorio di appartenenza?
Si va a far politica nei palazzi della capitale con il bagaglio di eredità e formazione della propria terra, nessuno dimentica mai la fierezza delle proprie origini e nessuno di noi sarà slegato dalla fiducia dei suoi elettori e del movimento locale del Popolo della Famiglia, ormai fortemente radicato anche sul nostro territorio.
Qual è il futuro dell’Italia nell’Europa?
E’ una domanda difficilissima e complessa alla quale non si può rispondere senza attingere ai contenuti della Dottrina Sociale della Chiesa (linea guida di tutta la politica del Popolo della Famiglia) ed a concetti di macroeconomia che riteniamo strategici per uscire da una situazione ormai insostenibile. Vorremmo che l’Italia recuperasse una sovranità che è stata erosa da una inconsapevole e scellerata adesione a trattati che sono l’esatto contrario di ciò che il principio di sussidiarietà sostiene; ci sono settori che competono esclusivamente alle famiglie, prima ancora che agli stati, figuriamoci come giudichiamo, ad esempio, l’ingerenza dell’Europa nei settori educativi, economici e di costume. Crediamo che l’Europa se continuerà ad ostacolare quelle politiche economiche espansive che nei momenti di crisi gli Stati devono mettere in campo, è destinata ad ulteriore declino.
Quali sono i punti deboli e i punti di forza dell’Umbria?
I punti deboli sono quelli che riguardano un po’ tutto il territorio nazionale, una vulnerabilità dovuta ad un mercato globalizzato che ha deciso di far prevalere l’utile individuale rispetto ad un utile sociale (su questo aspetto la crisi della Perugina ne è l’emblema). Il patrimonio culturale e spirituale che il Cristianesimo ha costruito nella nostra Regione è la parte migliore della nostra tradizione che non deve essere smarrito, soprattutto in questo momento storico che vorrebbero farci credere che diluirci in altre sovrastrutture ci potrebbe rendere più solidi.
Come vede in Italia un futuro fatto di macroregioni?
Se le macroregioni sono un’altra delle soluzioni che vogliono mettere in campo per diminuire la rappresentanza politica dei cittadini, o per snellire apparati, crediamo che il nostro sistema nazionale non è in grado di sostenere ancora ulteriori contrazioni di personale addetto nel settore pubblico, come non è possibile continuare con un accentramento che non sembra affatto costruito per dare servizi ai cittadini. Per risolvere le problematiche legate al turismo, al tessuto produttivo, alle infrastrutture, abbiamo bisogno di alleanze che non si trasformino necessariamente in fusioni irreversibili.
Che scenari politici reputa probabili all’indomani del 4 marzo?
Il copione sembra già scritto: una alleanza fra il centro destra ed il centro sinistra, magari con la impresentabile Bonino come premier (senza la stampella di Tabacci non avrebbe raccolto le firme che noi del PdF abbiamo raccolto, una per una, in tutti i 97 collegi nazionali), pur di non far governare il M5S e mantenere una situazione sostanzialmente analoga a quella attuale. Chiediamo il voto anche per rompere un equilibrio che ha generato leggi devastanti per la nostra civiltà (unioni civili, divorzio breve e DAT, oltre ad aver autorizzato la vendita al banco della pillola dei 5 giorni dopo, tanto per ricordare le perle di saggezza di quest’ultima legislatura) e che preparerà l’approvazione della Legge Scalfarotto sull’omofobia, sulle droghe libere, sull’utero in affitto, sulla prostituzione e sull’eutanasia. Il nostro ruolo vuole far saltare questo piano inclinato dove stiamo scivolando e con il nostro voto c’è la certezza di uomini e donne disposti a battersi contro questi falsi miti di progresso.
Com’è cambiata la politica nell’epoca dei social network?
Non credo che i social siano in grado di modificare le scelte elettorali, è anche un modo insidioso per il vero confronto; tutti i voti cha abbiamo conquistato, o conquisteremo, vengono sempre da un incontro diretto e personale con gli elettori, veri e propri corpo a corpo, spesso sereni confronti che con l’uso della ragione portano a riconoscere la lealtà delle posizioni del Popolo della Famiglia. La politica si fa con le idee e con la carne, solo con il virtuale non si fa molta strada.
Populismo, immigrazione, violenza: come commenta i fatti più recenti?
Crediamo che con la questione del populismo si voglia squalificare una istanza di giustizia sociale che molte generazioni stanno facendo emergere e prima di liquidare come populiste queste richieste va verificato se le proposte alternative sono effettivamente eccellenze di progresso.
Siamo il Partito dei principi non negoziabili e spesso ci troviamo proprio a contrastare situazioni in cui una parte usa autorità e violenza per prevaricare la parte più debole. Non bastano le leggi per far diventare giusti dei comportamenti, leggi che sono anche in palese contrasto con la ragione.
Sull’immigrazione, ad esempio, riteniamo che è sciocco non constatare che quanto avviene oggi è frutto di un vero e proprio disegno che mira a destabilizzare più che integrare; la nostra posizione è quella di sostenere “il diritto a non emigrare” e a gestire l’accoglienza nella misura del possibile, mentre assistiamo a politiche che vogliono trasformare i flussi migratori in fornitura di manodopera a basso costo.
Non c’è nemmeno bisogno di organizzare raccolte firme contro la violenza, ogni reato va perseguito e punito senza posizioni ambigue. Riteniamo, ad esempio, impropria alche la propaganda sul femminicidio (non c’è nessuna emergenza di reati di genere in Italia, lo dicono le statistiche), costruita ad hoc proprio per demolire e destrutturare proprio quella famiglia che vogliamo difendere.