Con il termine prescolarizzazione si intende l’anticipo nell’acquisizione di competenze scolastiche. È tendenza comune pensare che “preparare” i piccoli alla scuola elementare già con esercizi durante l’ultimo anno di materna, anticipare la data di inizio della scuola obbligatoria, scolarizzarli prima insomma, costituisca un vantaggio ma non è così. Anzi.
Alcuni studi hanno messo a confronto le scuole materne orientate alla preparazione accademica con quelle basate su gioco, esplorazione e socializzazione, scoprendo che i benefici registrati nei piccoli allievi “prescolarizzati” sono momentanei, e nel tempo possono trasformarsi in svantaggi. Esperienze educative non adeguate al livello di sviluppo o in sintonia con i bisogni e le possibilità dei bambini possono causare gravi danni, tra cui sentimenti di inadeguatezza, ansia e confusione.
Nessun dato dimostra i vantaggi protratti di un’alfabetizzazione anticipata, mentre ne esistono a favore del gioco libero. Come prevedibile, la formazione anticipata migliora i punteggi ai test specifici in linea con la formazione ricevuta (ad esempio lettura o scrittura), però i guadagni iniziali si perdono entro i tre-quattro anni e, almeno secondo alcune indagini, con il tempo si invertono. Il dato più significativo è che a lungo termine si riscontrano disagi in ambito sociale ed emotivo.
Rilevazioni longitudinali protratte fino all’età di 23 anni hanno in effetti permesso di verificare che con la crescita emergono differenze socio-emotive significative. I bambini iper-scolarizzati in anticipo risultano tendenzialmente giovani adulti più aggressivi, portati alla lite e al contrasto, poco empatici rispetto a coloro che da piccoli hanno avuto la possibilità di giocare.
Gli esperti ipotizzano che il gioco libero permette di imparare a rapportarsi agli altri, di sviluppare modelli di responsabilità personale e comportamento prosociale, di appropriarsi di quelle preziose competenze relazionali indispensabili nella vita. Nelle aule, invece, la preparazione, si richiedono performance, si sviluppano modelli competitivi, orientati alla realizzazione personale, al farsi strada. I dati ci dicono anche che disturbi d’ansia e di depressione nei bambini appaiono correlati alle pressioni accademiche e alla mancanza di gioco.
Come ricorda lo psicologo Peter Gray, il gioco è il mezzo naturale per educare se stessi, il modo in cui i bimbi fanno esercizio di quelle competenze necessarie per diventare adulti efficaci: andare d’accordo con gli altri, cooperare efficacemente, controllare i propri impulsi ed emozioni. Ideare, sognare, pensare. Compresa la creatività, base per acquisire ed imparare.
Giada Gatti