Chi sceglie di evadere le tasse lo fa per colpa della crescita della pressione fiscale locale.
È quanto emerge da uno studio regionale, riferito al 2014, dell’Ufficio studi Confcommercio.
In Umbria le addizionali e imposte regionali e comunali per un profilo tipo di contribuente dal 2012 al 2016 sono cresciute del 18,5 per cento e in valore assoluto si è passati dai 3.372 euro del 2011 ai 3.995 nel 2016, con valori superiori ai 4.100 negli anni intermedi.
Secondo l’analisi Confcommercio in Umbria quasi un sesto del valore aggiunto è prodotto da attività che sfuggono all’osservazione e tassazione dell’amministrazione pubblica. Infatti l’incidenza della cosiddetta economia non osservata è stata nel 2014 del 17,5 per cento, contro il 16,9 del 2011: valori, questi, assai vicini alle regioni del Sud.
Tra le principali determinanti dell’economia sommersa c’è il lavoro irregolare, il cui tasso in Umbria, cioè l’incidenza percentuale degli occupati irregolari sul totale, era dell’11,8 per cento nel 2011, mentre nel 2014 è salito al 12,5 per cento.
Lo stesso studio rileva che la scelta di evadere e di quanto evadere può essere collegata anche alla convinzione da parte dei cittadini di usufruire di servizi pubblici inadeguati: in Umbria il cosiddetto indicatore di senso civico economico ha registrato valori crescenti, dallo 0,45 del 2011 allo 0,51 nel
2015. In generale però non si registra un apprezzamento generalizzato e convinto dei servizi pubblici. Più nel dettaglio, in Umbria è in diminuzione l’indice di fiducia sulla qualità delle istituzioni.