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martedì 24 Dicembre 2024
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“Cinque chili di grano per un caffè”, Coldiretti fa il punto di una crisi insostenibile

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coldiretti guerra del granoIl crollo del prezzo del grano duro intorno al 40 per cento rispetto al luglio dello scorso anno e di circa il 20 per cento di quello tenero, mette a rischio anche la sopravvivenza di migliaia di imprese agricole nella nostra regione che stanno lavorando con compensi al di sotto dei costi di produzione. A ribadirlo è la Coldiretti Umbria all’’indomani del blitz davanti al Ministero delle Politiche Agricole a Roma, di oltre un centinaio di produttori giunti dall’’Umbria guidati dal presidente Albano Agabiti, assieme a migliaia di “colleghi” da tutta Italia. Le speculazioni che si spostano dalle banche ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli hanno fatto crollare il prezzo del grano su valori che sono inferiori a quelli di 30 anni fa provocando una crisi senza precedenti.

In Umbria la situazione è insostenibile – afferma Coldiretti – con quotazioni alla Borsa Merci di Perugia inferiori mediamente tra il 10 e il 20%, rispetto agli altri mercati nazionali. Con la mobilitazione – sottolinea il presidente Coldiretti Umbria Agabiti – abbiamo ottenuto i primi risultati ma la guerra del grano continua per dare dignità al lavoro nei campi perché è inaccettabile che oggi occorra produrre cinque chili di grano per permettersi una tazzina di caffè. È positivo – aggiunge Agabiti – l’accoglimento di alcune importanti richieste da parte del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina che ha tra l’altro preso l’impegno per la moratoria dei mutui, lo studio di una assicurazione per stabilizzare la volatilità dei prezzi, una contrattualistica più trasparente tra agricoltori e industria, una commissione unica nazionale (CUN) per la determinazione dei prezzi e l’immediata applicazione di un piano cerealicolo le cui risorse siano dedicate esclusivamente alle imprese che usano grano italiano. Le analisi ministeriali – continua Coldiretti – hanno però anche permesso di smascherare le speculazioni in atto sul prezzo del grano che colpiscono soprattutto i coltivatori italiani con i prezzi che sono praticamente dimezzati rispetto allo scorso anno per il grano duro.

Serve più trasparenza sul mercato – continua Agabiti – con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato nella pasta e nel pane, ma è anche necessario estendere i controlli al 100% degli arrivi da paesi extracomunitari dove sono utilizzati prodotti fitosanitari vietati da anni in Italia ed in Europa e fermare le importazioni selvagge a dazio zero che usano l’agricoltura come mezzo di scambio nei negoziati internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale.
A pesare sono le importazioni in chiave speculativa che – precisa Coldiretti – si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente. L’Italia nel 2015 – ricorda Coldiretti – ha importato circa 4,3 milioni di tonnellate di frumento tenero mentre sono 2,3 milioni le tonnellate di grano duro che arrivano dall’estero.
Anche per questo – denuncia Coldiretti – è fatto con grano straniero più di un pacco di pasta su tre e più della metà del pane in vendita in Italia ma i consumatori non lo possono sapere perché non è ancora obbligatorio indicare la provenienza in etichetta.

La qualità del grano italiano peraltro non è certo in discussione ed è confermata dalla nascita e dalla rapida proliferazione di marchi che – sottolinea Coldiretti – garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%. Un percorso che è iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell’iniziativa del progetto di Filiera Agricola Italiana (FAI) e che si è esteso ad alcune etichette della grande distribuzione.
Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy, mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa il 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%. Dai campi agli scaffali ci sono dunque margini da recuperare per non far chiudere le aziende agricole; occorre investire – secondo Coldiretti – nella programmazione strutturale per non perdere definitivamente il patrimonio di qualità e biodiversità dei grani italiani che rappresenta un valore aggiunto della produzione nazionale.

Nel corso della mobilitazione sono stati appesi striscioni “No grano no pasta”, “Stop alle speculazioni”, “Chi attacca il Made in Italy attacca l’Italia” e “Il giusto pane quotidiano” ma c’era anche una curiosa bilancia con 15 chili di grano ed uno di pane; così tanto grano infatti deve essere venduto dagli agricoltori per comprarsi un chilo di pane.
Nel 2015, secondo elaborazioni della Coldiretti regionale su dati Istat, la produzione di frumento tenero in Umbria è stata di 4.126.900 quintali su una superficie di 61.750 ettari, mentre la produzione totale di frumento duro di 1.030.900 quintali, su una superficie di 18.572 ettari.

Stefano Nardi
Ufficio Stampa Coldiretti Umbria

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