L’art. 614 del codice penale recante “Violazione di domicilio” non appare più adeguato a svolgere una idonea funzione di deterrenza e a garantire la sicurezza dei cittadini.
Esordisce così il disegno di legge per la modifica del articolo in questione redatto dalla senatrice ed ex sindaco di Corciano Nadia Ginetti in collaborazione con i senatori Albano, Rossi, Scalia, Saggese, Cuomo, Vattuone, Mattesini, Esposito, Borioli, Favero, Valdinosi, Cantini, Idem, Filippi, Amati, Sollo, Pegorer, Fabbri, Pezzopane, Puppato, Fasiolo, Astorre.
LA MODIFICA DELLA LEGGE – Il disegno di legge propone la sostituzione del quarto comma dell’articolo 614 del codice penale con il seguente testo: “La pena è da cinque a quindici anni, e si procede d’ufficio, se i fatti previsti nei precedenti commi, sono commessi con violenza sulle cose o con minaccia o violenza alle persone, ovvero se il colpevole è armato”.
Il ddl prevede quindi per i casi previsti dal quarto comma dell’art. 614 un inasprimento di pena, quantificandola in un minimo di cinque anni ed un massimo di quindici anni, in sostituzione all’attuale previsione da uno a cinque anni, nel caso in cui il reato di violazione di domicilio sia commesso con l’aggravante della violenza, o nella fase illecita iniziale nell’introduzione dei luoghi o successivamente per intrattenersi nel domicilio, contro la volontà dell’avente diritto, aggiungendo alla fattispecie della violenza sulle cose o alle persone, l’ipotesi di minaccia di violenza alle persone.
I senatori ritengono opportuno anche di eliminare, sempre al quarto comma dell’articolo 614, l’avverbio “palesemente” in quanto la gravità del condotta discende dalla circostanza che l’autore sia armato non certo che detta circostanza sia evidente e palese per la vittima del reato.
MAGGIORE SICUREZZA IN CASA – “La proposta d’inasprimento della pena per il reato – argomento il ddl – deve essere letta in combinato disposto con il già novellato art. 52 del codice penale modificato dalla legge 13 febbraio 2006, n.59, con la quale è stata estesa la legittima difesa nei confronti di chi viola il domicilio, con la presunzione della scriminante in esclusivo riferimento alla “proporzionalità, al dichiarato scopo di rafforzare il diritto di autotutela in un privato domicilio o in un luogo ad esso equiparato” (Cassazione penale, sezione I, sentenza 27 maggio 2010, n. 23221).
La ratio della proposta di legge è, quindi, quella di dare una maggiore tutela al soggetto che, trovandosi nella sua dimora, subisce in ogni caso un danno morale per la violazione commessa e, nei casi più gravi, anche una minaccia della incolumità fisica. I luoghi di dimora, infatti, non possono
essere valutati solo nella loro materialità, ma anche come proiezione della sfera della persona, affettiva e di libertà privata individuale e familiare, nell’interesse della tranquillità, sicurezza e legittima privacy dell’individuo”.