Sei anni fa – nella notte fra il 5 e 6 gennaio del 2010 – il borgo di Mantignana fu colpito dall’esondazione del torrente Caina le cui acque portarono fango e detriti provocando danni ad attività commerciali ed abitazioni.
In seguito a quell’evento la Procura di Perugia ha aperto una inchiesta a carico di due persone all’epoca ai vertici della Comunità Montana Trasimeno – Medio Tevere, il direttore responsabile e il dirigente dell’Area tecnica Pianificazione e Progettazione.
Nel novembre 2014 i due sono stati rinviati a giudizio per – secondo la tesi dell’accusa – essersi resi responsabili di aver cagionato con colpa l’inondazione del territorio circostante con danni alle cose e pericolo per l’incolumità delle persone e con l’aggravante di aver agito nonostante la previsione dell’evento.
La scarsa manutenzione degli argini del torrente – disseminati da tane di animali selvatici – avrebbe permesso l’infiltrazione delle acque e il conseguente straripamento: dunque non solo cause meteorologiche ma anche fattori umani che potevano essere meglio gestiti.
Nel frattempo alcune aziende mantignanesi si sono costituite nel comitato “Valle del Caina” per avere maggior peso nel tutelare i propri diritti e vedersi riconosciuto un risarcimento ai danni subiti.
In questi giorni si è tenuta una udienza in cui è comparsa davanti al giudice la Comunità Montana nella persona dell’attuale commissario liquidatore. Il comitato mantignanese si è invece costituito parte civile nel processo. Una prossima udienza è stata fissata per il prossimo 24 novembre quando saranno ascoltati dal pm quattro testimoni.
Il processo non riguarda l’evento meteorologico avvenuto qualche mese dopo, il 28 novembre 2010, durante il quale un volontario accorso per aiutare nell’emergenza – il 34enne Pasquale Antonini – morì dopo essere stato travolto da un’ondata. Un fatto che non viene contestato in alcun modo nel processo ma che contribuisce a delineare la situazione degli argini del torrente in quel periodo.
Esondazione del Caina, nuova udienza nel processo a carico di due ex dirigenti della Comunità Montana
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