Secondo i dati Istat negli ultimi tre anni la spesa per alimentari delle famiglie italiane è costantemente diminuita: 477 euro nel 2011, 468 euro nel 2012, 461 euro nel 2013.
È diminuita anche la spesa media mensile complessiva: 2.488 euro nel 2011, 2.419 nel 2012, 2.359 nel 2013.
In Umbria la spesa media mensile per famiglie nel 2013 è stata pari 2.345 euro, con una percentuale del 19,9% dedicata ad alimenti e bevande, in linea con la media nazionale del 19,5%.
LA RICERCA DEL RISPARMIO – Uno studio condotto questa estate dalla Fida-Federazione dettaglianti alimentari aderente a Confcommercio della provincia di Perugia dimostra che se è vero che la crisi ha prodotto una contrazione dei consumi, anche alimentari, è altrettanto vero che i consumatori stanno cambiando i loro comportamenti d’acquisto, orientandosi sempre di più verso le soluzioni che sono in grado di garantire risparmio ma anche qualità.
Secondo lo stesso studio, una famiglia composta da quatto persone può risparmiare fino a 2.500 euro l’anno se fa la spesa nei negozi di vicinato, che in Umbria sono oltre 1.200.
MENO CARNE, FORMAGGI E VERDURE – “La crisi – sottolinea Samuele Tognaccioli, vice presidente provinciale della Fida – ha indotto le famiglie a contrarre anche la spesa alimentare, specie quella per l’acquisto di carne, di prodotti lattiero-caseari e ortofrutta, e in generale a mettere in atto strategie di contenimento della spesa.
E proprio strategie intelligenti di contenimento della spesa individuano oggi nel negozio sotto casa la risposta ideale per il consumatore che vuole salvaguardare contemporaneamente qualità e portafoglio”.
L’affermazione di Tognaccioli trova ragione nei “conti” fatti dalla stessa Fida della provincia di Perugia, che ha calcolato in circa 2.500 euro l’anno il risparmio che si ottiene rivolgendosi ad un negozio situato nel raggio di 3-5 chilometri, risparmio che è il risultato del valore economico attribuito ad una serie di voci che incidono direttamente ed indirettamente sulla spesa.
COME RISPARMIARE 2.500 EURO – “Abbiamo preso in esame una famiglia di quattro persone – spiega Tognaccioli – ipotizzando una spesa annua per prodotti alimentari e non food monouso (altri prodotti di largo acquisto in negozi di prossimità, come ad es. tovaglioli di carta, bicchieri di plastica, profumeria “di base”) di 7.700 euro. Secondo i nostri calcoli risparmierebbe 432 euro di carburante/minor perdita di tempo; circa 508 euro per il fatto di acquistare solo il necessario, e dunque evitare sprechi e prodotti gettati (tipica conseguenza delle mega spese fatte nelle grandi superfici di vendita che portano a uno spreco di circa il 20%); 380 euro per l’acquisto di prodotti di prima gamma (ovvero quelli non sottoposti a lavorazioni ulteriori rispetto a come sono all’origine: es. l’insalata fresca è prima gamma, l’insalata nel sacchetto pronta all’uso è quarta gamma, l’una costa in media 1,90 euro al chilo, la seconda 15 euro al chilo); 770 euro perché si acquistano prodotti di migliore qualità e quindi in minore quantità (es.: per fare un buon panino servono molte meno fette di un prosciutto di pregio che di uno di bassa qualità); 462 euro in virtù delle offerte speciali, che ormai sono normalmente effettuate anche nelle piccole attività. In tutto, appunto, siamo attorno ai 2.500 euro. La spesa nel negozio di vicinato è dunque un ottimo antidoto alla crisi”.
PICCOLA DISTRIBUZIONE E QUALITÀ – Ma non è solo il risparmio in termini monetari che secondo il vice presidente Fida rappresenta il valore aggiunto della piccola distribuzione: “La nostra è soprattutto una battaglia a difesa della qualità. Il nostro obiettivo è proporre una spesa a “misura di famiglia”, caratterizzata non dal mangiare meno, ma dal mangiare meglio, anche in tempi di crisi. E accanto a questo garantiamo una serie di servizi aggiuntivi che sono gratuiti eppure hanno un grande valore: facciamo consulenza al consumatore, suggerendogli non solo questo o quel prodotto ma anche questa o quella strategia di spesa adeguata alle esigenze personali di ognuno (ad esempio moltissimi non sanno che i prodotti take-away costano il 35-40% in più rispetto agli stessi acquistati al banco); imbustiamo la spesa e la consegniamo a domicilio; cambiamo i prodotti; accogliamo con la massima disponibilità i più piccoli. Per questo, oggi più che mai ci proponiamo come consulenti della qualità, e del risparmio, per i consumatori umbri”.